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«La filosofia che non ha umiliato la vita ha umiliato se stessa, ha umiliato la verità. Come ridurre la distanza, come fare in modo che vita e verità s'intendano, la vita lasciando lo spazio per la verità e la verità entrando nella vita, trasformandola fin dove è necessario senza umiliarla? Quello strano genere letterario chiamato confessione si è sforzato di mostrare quel cammino attraverso cui la vita s'avvicina alla verità "uscendo da sé senza essere notata". Il genere letterario che ai nostri giorni ha osato riempire il vuoto, l'abisso terribile, già aperto, dell'inimicizia tra la ragione e la vita. La confessione sarebbe in tal senso un genere di crisi non necessario quando la vita e la verità si sono accordate. Ma non appena sorge la distanza, la minima divergenza, esso si rende nuovamente necessario. Per questo sant'Agostino inaugurò il genere con tanto splendore; perché è l'uomo "vecchio", abbandonato e offeso, così come può esserlo l'uomo moderno, che alla fine fa amicizia con la verità». Con uno scritto di Carlo Ferrucci.